martedì 31 — ore 21.30
ATIR Teatro Ringhiera
progetto e regia Serena Sinigaglia
testo Emanuele Aldrovandi
con Maria Pilar Pérez Aspa
scene Maria Spazzi
luci Alessandro Barbieri
musiche originali Pietro Caramelli
fonica e voce fuori campo Gianluigi Guarino
assistente alla regia Giorgia Aimeri
assistenti alla scenografia Erika Giuliano, Clara Chiesa, Marta Vianello
con il sostegno di Next 2017
in collaborazione con Centro Teatrale MaMiMò
Isabel Green, una grande star di Hollywood, ha appena vinto il premio Oscar come “miglior attrice protagonista”. È sul palco del Dolby Theater, con in mano la statuetta che sognava fin da quando era bambina. Dovrebbe essere al massimo della felicità, ma dentro di lei qualcosa non va.
Mentre all’esterno cerca di dissimulare fingendo emozione e imbarazzo, dentro di lei un turbine di pensieri la porta lontano, in una dimensione solitaria in cui le riflessioni sulla propria vita si mescolano al tentativo di far fronte alla situazione attuale, in un parossismo tragicomico che la porta a rompere ogni convenzione sui “discorsi d’accettazione” e a mettere in discussione i cardini della sua stessa esistenza.
Note di regia
Se non vi foste già imbattuti nel libricino del filosofo coreano Byung-Chul Han, “La società della stanchezza”, andate a procurarvelo: pochi euro, molta soddisfazione. Han descrive la nostra come la “società della stanchezza”. Non esiste più lo scontro-confronto tra padrone e operai, non c’è il nemico da abbattere, la rivoluzione da sognare. Datore di lavoro e lavoratore coincidono: siamo noi stessi. Noi ci imponiamo ritmi lavorativi ed esistenziali degni del peggior modello fordista, noi siamo al contempo schiavi e schiavisti. In eterna “prestazione”, il tempo, tutto il tempo, diventa “produttivo”, una catena perversa che pare inarrestabile. La conseguenza naturale di un siffatto stato di cose è una stanchezza enorme, paradossale, simile alla morte.
Ecco allora spuntare nuove malattie quali la sindrome del “burn-out”. Depressi o isterici, comunque spossati e sfiniti. Da queste premesse è nato Isabel Green.
Volevo trovare un modo per parlare di questo tilt epocale. Farlo con leggerezza e ironia, naturalmente (non serve certo aggiungere altra “pesantezza”).
Ho chiamato Emanuele Aldrovandi, ho condiviso con lui il pensiero di Han e altre considerazioni che vi risparmio, per non dilungarmi troppo. Vi basti sapere che dai nostri incontri, numerosi, dalle nostre riunioni, turbolente, dal nostro confronto, serrato, è uscito questo piccolo prezioso testo.
Pilar mi è parsa subito l’attrice perfetta per Isabel. L’ho chiamata e lei ha risposto con grande
entusiasmo: “E’ vent’anni che lavoriamo assieme, Sere, e non abbiamo ancora mai condiviso un monologo. Era ora, cavolo!”.
Isabel è una super star di Hollywood. Bella, famosa, ricca e pure brava.
Isabel ha atteso l’Oscar a lungo, come Di Caprio, e finalmente, come Di Caprio, lo ottiene con “Life of MotherTheresa”. Un sogno che si realizza, la tanto attesa consacrazione.
Adesso può parlare davanti a milioni di persone. In mano, la statuetta d’oro dell’Oscar.
Ma quello che dirà non sarà affatto quello che ci aspettiamo. Fino all’ultimo, anzi, anche dopo l’ultimo istante del discorso, Isabel ci sorprenderà e lentamente, tra una risata e una lacrima, scivoleremo, quasi senza accorgercene, dentro il paradosso delle nostre stesse vite. Quel paradosso che così bene descrive Han.
Serena Sinigaglia
RASSEGNA STAMPA
“[…]Il testo coglie i punti critici ma litiene a giusta distanza, la regia licompone con cura in un disegnopulito sulla scena disegnata daMaria Spazzi come una grandestella nera accartocciata, il restolo fa Maria Pilar Pérez Aspa, inuna delle sue migliori prove: inun fiammeggiante abito rosso,fuori e dentro il flusso dicoscienza, l’invettiva e laconfessione pubblica, imbarazzicomici e punte di intensitàdrammatica, con un’adesionedavvero impressionante alpersonaggio di questa donnaspezzata dall’eccesso di pretesaverso se stessa […]”
Sara Chiappori , la Repubblica 27/01/18
“[…]Serena Sinigaglia dà magicamente vita alla parola poetica e tagliente di Emanuele Aldrovandi e lo fa nel suo personale stile creativo e originale. Anima il monologo mostrando in sessanta minuti tutta una vita da invidiare, quella di una star. Ma il simbolismo degli oggetti scenici ridotti al minimo e la gestualità del personaggio, rivela da subito il dramma. Maria Pilar Pérez Aspa, pura incisiva e penetrante, interpreta una donna delusa e sfinita, sull’orlo della follia.[…]”
Dramma.it, 28/01/18
“[…]Nelle sue note di regia Serena Sinigaglia definisce Maria Pilar l’attrice perfetta per Isabel e quanto visto in Sala Bausch ne è la conferma. Si ride, si gioca sul cambio di lingua, sulle imprecazioni in spagnolo e sugli scatti di ira della protagonista, ma quello che viene fuori con il prosieguo del testo è una donna che commuove per la sua sofferenza dʼanimo[…]”
Ivan Filannino, Milanoteatri.it, 25/01/18